Corriere Del Ticino del 23 maggio 2019
Avventurarsi in questo luogo, la Fabbrica del Cioccolato e la sua valle, un luogo che induce all’incanto. Ad esercitare il rapimento sono il suo sovradimensionamento, la sua storia di transizione lungo usi diversi — da centrale idroelettrica a fabbrica di birra a fabbrica del cioccolato a centro per l’arte contemporanea — e il suo essere in mezzo alle montagne, come un corpo che appare in forma di improvvisa deviazione, imponendosi allo stupore dello sguardo. Stiamo parlando della valle di Blenio, di Torre precisamente. In Cima Norma opera la Fondazione La Fabbrica del Cioccolato, che in poco meno di tre anni di attività ha dato prova di una notevole capacità di fare convergere nei suoi spazi un gran numero di artisti dai più disparati Paesi del mondo. La potenzialità, evidentemente nota a coloro che stanno dietro alle iniziative di Dangio-Torre, li spinge a concepire l’ex complesso industriale come luogo deputato di creazione nei vari ambiti delle arti. Un unicum nel panorama non solo cantonale, ma nazionale, ancor meglio del vasto bacino che si estende da Zurigo a Milano e che trova nel panorama alpino la sua marcata specificità. Ciò che da sabato 25 maggio si potrà ammirare negli spazi della Fondazione sono tre mostre distinte tra loro: The Organon Experiment di Markus Keibel, Eco Shifters di Debora Hirsch e Stein Klang Ort Zeit di Simon Berz. Keibel vive a lavora a Berlino. Lo scorso anno, in visita in Cima Norma e immediatamente colto dalla sua eccezionalità, ha manifestato l’intenzione di realizzarvi un suo progetto. In The Organon Experiment, partendo da comuni materiali, come grosse pietre, lastre di cemento o di vetro, bottiglie, lampade al neon, e la complicità di gente del posto con cui ha interloquito, Keibel crea un percorso di colori e forme dal forte messaggio: la mancanza del coraggio di pretendere di sapere propria del nostro tempo, in ciò impediti non necessariamente dalla censura, ma assai più di sovente dal fluido, rapido e superficiale fenomeno digitale, per cui tutto passa, «brucia», «esplode», senza lasciare traccia. Eco Shifters dell’italo brasiliana Debora Hirsch, accomunando in altrettanti video dodici artiste e artisti europei ed americani, tra cui lei stessa, esprime la consapevolezza e lo stordimento del mutamento, e la necessità contemporanea da parte di chi fa arte di sapere assorbire il cambiamento e allo stesso tempo di generare cambiamento. Ne nascono opere di estremo interesse per un’analisi sui rapporti tra arte nelle sue forme più estetiche e arte nelle sue forme espressive più concettuali, con evidenti analogie con il contesto sociale nel quale si muovono la cultura istituzionale e la creazione d’avanguardia, e contesti naturali nel quale si muove la società dei consumi e il territorio vittima delle conseguenze di un progresso incondizionato che ne esaspera gli equilibri. Infine con Stein Klang Ort Zeit di Simon Berz, svizzero nato a Baden, traspare il genio di saper fare suonare gli elementi della natura – acqua, pietre, vento, pioggia, fuoco – elementi ricorrentemente presenti nelle sue opere. Egli ha l’arte (e la tecnica) di combinare in un avvincente e pure inaudito (siccome difficilmente lo si coglie) dialogo tali voci, dimostrando quanto le cose apparentemente più mute o disaggregate formino, se sapute ascoltare, un’unica solenne voce. È forse l’Ohm insegnato da Siddharta all’amico Govinda? RED