…pensieri in movimento, scambio di idee con Ermanno Cristini.
Maggiori dettagli a breve…..
…pensieri in movimento, scambio di idee con Ermanno Cristini.
Maggiori dettagli a breve…..
…inizia a prendere corpo il progetto che sarà visitabile dall’8 dicembre
Proseguono gli incontri “Fili colorati per tessere legami” coordinati da Gerda Pini nell’ambito del progetto Urban Knitting alla Fabbrica Del Cioccolato.
Un gruppo affiatato, che senza perdere mai l’entusiasmo, continua a “fabbricare” idee e pezze di maglia.
Chi arriva , porta con sé come suo contributo al progetto, un pezzettino della sua storia che condivide con i partecipanti, e un filo così come per incanto si snoda sia nel lavoro a maglia, sia nel condividere insieme momenti belli e meno belli. Questa è la filosofia dello stare insieme. Il pensionato delle ex-operaie della Fabbrica sta diventando la seconda casa per i partecipanti, nella quale regna un clima di intensa collaborazione ma allo stesso tempo disteso dove il “lavoro” si interseca con momenti di vita raccontata e vissuta.
Il progetto continua a destare curiosità e interesse, la giornalista Sara Rossi Guidicelli ha partecipato alla seduta durante un pomeriggio, interessandosi e dando così il suo apporto al progetto.
Presente per sferruzzare in compagnia anche Gina La Mantia.
Un lunedì di ottobre si sono aggregati al gruppo, “Magliando insieme” che è costituito da un gruppo di donne e uomini, uniti dalla passione per il lavoro a maglia come occasione di socialità, che si ritrovano regolarmente in un caffè nella città vecchia di Locarno. E’ stato un pomeriggio di attiva e fattiva partecipazione e condivisione. Li ringraziamo !
Ricordiamo che l’inaugurazione del progetto sarà l’8 dicembre in concomitanza con la festa del patrono del paese S. Ambrogio.
Venerdì 8 settembre ha avuto inizio come annunciato il progetto labioratorio “urban knitting”.
Gerda Pini così commenta:
il primo incontro è stato un successo, eravamo in 17, di tutte le età, di cui uno studente universitario
che ha imparato a fare maglia.
Ho fatto conoscenza con donne solari, fantastiche che mi hanno quasi travolta con la loro energia e voglia di fare.
Quattro di loro sono figlie di ex operaie della Cima Norma, che hanno vissuto nel pensionato. A loro ha fatto particolarmente piacere trovarsi lì. Sono stati momenti di bella condivisione.
Sono pervenuti messaggi di potenziali partecipanti al progetto, però impossibilitati a partecipare di venerdì. E’ stato di conseguenza deciso di tenere gli incontri come segue:
lunedì e venerdì dalle 14:00 – 16:30
lunedi sera dalle 20:00 – 22:00.
Dai partecipanti il primo desiderio:
inaugurare gli alberi allestiti l’ 8 dicembre, in concomitanza con la festa del patrono del paese di Dangio, Sant’Ambrogio.
…..alle prossime news.
Inizia venerdì 8 settembre 2017 alle ora 14:00 negli spazi dell’ex pensionato delle operaie della Cima Norma “Urban knitting”: un progetto laboratorio ideato e diretto da Gerda Pini, di integrazione sociale alla Fabbrica del Cioccolato Cima Norma
Urban Knitting è una cosiddetta arte di strada, che impiega esposizioni colorate di filati lavorati a maglia o uncinetto, per ricoprire arredo urbano, oggetti o alberi.
Il progetto presso gli ex stabili Cima Norma che avrà inizio nel mese di settembre 2017 si collega con quello già fatto in primavera a Lugano Cassarate, per il centro di socializzazione il Tragitto. In quell’occasione sono stati rivestiti, in un lavoro collettivo, gli alberi del parco giochi, il che ha permesso di costruire relazioni umane e sviluppare momenti di vera e propria integrazione sociale per donne provenienti da vari paesi e altre culture.
Lo scopo dell’intervento artistico sul viale alberato della Cima Norma è quello dell’integrazione fra la popolazione della Valle, i vari gruppi sociali e la fabbrica del cioccolato. Il progetto partecipativo si compone di un lavoro collettivo con l’idea di trovarsi in compagnia a fare maglia o uncinetto. Ben in linea con il tema curatoriale “foreignness”, in quanto capita a tutti, nelle più svariate situazioni, sentirsi inappropriato, fuori contesto. Sentirsi parte di un tutto, di un medesimo progetto, rassicura, allontana dalla solitudine e dall’isolamento tipico ormai della nostra società. Il gruppo sarà costruito su un insieme di punti di vista differenti, da cui guardare il mondo. Un occasione di crescita.
L’invito è esteso a tutti, a chi ha voglia di concedersi un momento di condivisione, al piacere di stare insieme e socializzare, a chi si può sentire emarginato dal contesto sociale ed economico, non inserito nei processi integrativi della società e desidera partecipare al progetto. Non è assolutamente necessario essere “esperti” in lavoro di maglio o uncinetto. Potrebbe anche essere un occasione per impararlo.
Seguiranno notizie durante il corso del progetto.
Prossimamente nel mese di settembre negli spazi ex Cima Norma
Si informa che la durata della mostra viene prolungata a domenica 10 settembre.
Da Civitavecchia a Bellinzona. Tutta la storia dell’eclettico Pier Giorgio De Pinto, i cui molteplici interessi creativi l’hanno portato al MACT/CACT svizzero.
È partito da Civitavecchia, ha studiato in Toscana, ha approfondito una miriade di interessi. Classe 1968, Pier Giorgio De Pinto è infine approdato a Bellinzona. E ora ricopre il ruolo di Coordinator, Curator and Media trainer per il MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino.
Qual è la tua formazione?
È ampia e variegata, fra Civitavecchia, Prato e Firenze, dagli studi alberghieri alla passione per il disegno e la pittura, poi la fotografia e infine scuola di teatro e di cinema, dizione e doppiaggio, con numerosi workshop internazionali su danza contemporanea e performance. Da sempre affascinato dalle tecnologie e dai nuovi media, aggiungo l’interesse per la transmedialità, che mi descrive particolarmente.
Come sei finito in Svizzera?
Nel 2009, nonostante il lavoro da dipendente, partecipo a una collettiva presso il MACT/CACT a Bellinzona. È colpo di fulmine: un anno dopo ho rassegnato le dimissioni e con la buonuscita mi sono presentato al Municipio di Bellinzona con una richiesta di trasferimento. Mi hanno richiesto un’autocertificazione, per registrare chi fossi e le motivazioni per stare lì. In aggiunta un piano finanziario per i successivi due anni e previsione di guadagno come libero professionista. Nonostante le tasse già pagate in Italia, chiedo un rateo di tasse in Svizzera; la cosa consolida la mia candidatura. Dopo sei mesi ricevo il mio primo permesso B, per dimora per attività lucrativa indipendente. Dopo cinque anni più uno di attesa, ottengo un permesso C, ovvero di domicilio. Grazie a Mario Casanova, direttore del MACT/CACT, rimango coordinatore per eventi e curatore di mostre. Come freelance curo da anni anche la corporate identity per il centro e il layout grafico di tutte le pubblicazioni.
Quali vantaggi professionali riscontri?
In Svizzera si ha l’opportunità di dimostrare di saper fare qualcosa, basta coltivare contatti ed esporsi con proposte. Ad appena sei mesi dal mio arrivo, mi è stato chiesto di curare la direzione artistica di un grande evento a Lugano, solo per sentito dire sul mio conto. La mia attività di artista visivo è professionalmente riconosciuta. A questa si affiancano in modo trasparente tutta una serie di attività remunerate saltuarie, come curatore/coordinatore di eventi e come grafico per istituzioni culturali, e come consulente per altri artisti. Insegno privatamente transmedialità e grafica. Emetto fatture come un qualsiasi libero professionista e vivo sereno economicamente. Ho una contabilità semplificata che gestisco da solo e compilo la dichiarazione dei redditi sempre da solo; pago tasse che trovo congruenti con quanto guadagno.
Il rapporto con gli enti pubblici?
Si possono contattare direttamente i responsabili della cultura a qualsiasi livello, presentando ad esempio un progetto al capo Dicastero Sport, Cultura ed Eventi (il nostro assessore alla Cultura). La riposta, positiva o negativa, arriva sempre. L’altro enorme vantaggio è il sostegno finanziario che si può ricevere per la produzione della propria arte, per soggiornare dove si hanno eventi in Svizzera o all’estero. Richieste che si possono fare a vari enti/uffici: Ufficio Federale della Cultura, Cantone, Città di provenienza. Vale anche se si chiede di acquisire le proprie opere. Ad esempio, quando si ha una mostra in corso, si può richiedere che la Commissione Culturale Cantonale di Belle Arti faccia una visita, per valutare un eventuale acquisto.
E gli enti privati?
C’è tutta una serie di istituzioni e fondazioni private e la stessa Fondazione Svizzera per la cultura Pro Helvetia, quella che possiamo definire come lo Swiss Arts Council. Pro Helvetia sostiene l’arte e la cultura svizzera con l’intento di promuoverne la varietà e la qualità. Quale fondazione autonoma sostenuta dalla Confederazione, patrocina progetti di interesse nazionale. I sostegni sono elargiti, in forme diverse, direttamente all’artista o a un curatore o a un’istituzione culturale. Pro Helvetia è anche l’entità che gestisce con due giurie indipendenti, composte da esperti internazionali di arti visive e di architettura, per selezionare gli artisti e gli architetti che rappresentano la Svizzera alle Biennali (Venezia e Il Cairo).
Quali sono i luoghi di riferimento in Ticino?
Il Ticino sta vivendo un ottimo periodo per l’arte contemporanea grazie a una serie di felici congetture: l’apertura dell’imponente LAC, polo culturale a Lugano, che comprende il nuovo MASI – Museo d’Arte della Svizzera Italiana, diretto da Marco Franciolli [al quale oggi è succeduto Tobia Bezzola, N.d.R.] e uno staff scientifico con sette figure professionali, nato dall’unione tra il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della Città di Lugano; la felice rivalutazione sistematica del Museo Villa dei Cedri a Bellinzona, grazie alla sua direttrice Carole Haensler Huguet; la presenza ultraventennale del MACT/CACT, con il suo lungimirante direttore Mario Casanova; e la presenza de La Rada, altro importante spazio per il contemporaneo che ha festeggiato da poco i vent’anni di attività con l’attuale, eclettica gestione di Riccardo Lisi. Linfa fresca proviene dalla nuova Fondazione La Fabbrica del Cioccolato sotto la direzione artistica di Franco Marinotti; più tutta una serie di nuovi spazi indipendenti che da qualche anno si stanno facendo conoscere grazie al loro ottimo approccio di apertura non solo verso il resto della Svizzera, ma verso l’internazionalità.
Il pubblico è al centro della tua ricerca: che differenza riscontri rispetto a quello italiano?
Nella mia ricerca il pubblico non è mai una fase finale, è piuttosto fra gli interlocutori principali della mia produzione. In Italia è faticoso sviluppare il suo coinvolgimento perché la progettazione ha come obiettivo l’accreditamento con gli addetti ai lavori e solo dopo si pensa al pubblico. Prima si deve lottare per trovare uno spazio, emergere sperando in un coinvolgimento sereno e di stima reciproca fra artista e curatore/critico d’arte/direttore artistico, elemento per me fondamentale.
E in Svizzera?
È una questione di DNA. Vengono abituati da piccoli, da decenni, nascono con la curiosità e la voglia di frequentare spazi adibiti al contemporaneo, senza limiti di età o di interesse. Si ama frequentare l’arte e decidere cosa farne e come conservarla. I cittadini vengono chiamati (è una democrazia diretta) a esprimersi su questioni come gli ampliamenti di spazi di un museo, vendere o meno opere. Si è consapevoli del fatto che l’arte, e le sue tematiche contemporanee, rappresentino un importante asset economico, oltre che una mera questione politica o puramente di estetica. Ciò produce importanti conseguenze che si riversano su un pubblico cosciente che, con la propria presenza attiva, riflette quanto la Confederazione gestisce in fatto di cultura in senso lato e arte contemporanea in senso più specifico. L’arte contemporanea non è qualcosa di nicchia, per esperti. Per fare un esempio, l’apertura del nuovo Kunstmuseum a Basilea con l’ampliamento a
opera degli architetti Christ & Gantenbein ha portato i basilesi a migliaia, all’interno dello spazio, per vedere come i loro soldi erano stati spesi. Ero lì anch’io e ho visto volti raggianti e soddisfatti.
Torneresti a vivere in Italia? A quali condizioni?
Mantengo un forte legame con l’Italia, intensificato da quando vivo all’estero. Per ironia, ora ricevo molte più proposte di lavoro. Non tornerei a viverci perché le motivazioni che mi hanno spinto ad andare via sono ancora intatte.
Quali sono?
Una per tutte, la tassazione fuori da ogni parametro umano sostenibile in un Paese civile. La burocrazia assurda, kafkiana. Un artista, in Italia, se vuole svolgere in modo trasparente la sua attività deve avere un commercialista privato. In Svizzera vige la trasparenza: te la chiedono e te la restituiscono con servizi che paghi profumatamente ma che funzionano, e quindi li paghi volentieri. Il cittadino vota direttamente altri cittadini, quindi è il cittadino che gestisce se stesso. Se il politico lavora male, in quanto funzionario pubblico viene defenestrato senza se e senza ma. Questo accade a tutti i livelli, dal piccolo municipio agli uffici a Berna della Confederazione. Funziona bene perché il Paese è circoscritto e se lo può permettere. Il suo sistema non è esportabile, non funzionerebbe altrove.
Un suggerimento ai colleghi italiani?
Fatevi la famosa lista pro e contro di un eventuale cambiamento: se l’ago pende verso i pro, rimboccatevi le maniche e andate verso il destino che vi merita. Volere è potere. Nel frattempo suggerisco di farsi più viaggi professionali possibile, sovvenzionandoli a volte anche con altri lavori come continuo a fare io, per avere quei necessari soldi in tasca. Soggiornate ovunque in Italia e all’estero, osservate, parlate con più persone, sia addetti ai lavori che non, visitate gli studi/abitazioni degli artisti, anche voi stessi artisti: non vale solo per i curatori! Soprattutto imparate l’inglese: siamo nel 2017 ed è lingua di comunicazione fondamentale, altrimenti vi perdete migliaia di occasioni e migliaia di meraviglie del mondo.
La (ri)scoperta della Fabbrica Cima Norma
Con le classi delle scuole elementari di Gorduno
Idea
Il fondamento del progetto è la (ri)scoperta di un luogo, come lo può essere la Valle di
Blenio, che nonostante sia conosciuta come la Valle del Sole, non tutti l’hanno vissuta;
ma anche come complesso identificativo, storico e personale, di coloro che oltre un
secolo fa ci hanno lavorato.
Spesso le nostre Valli vengono lasciate a loro stesse, abbandonate e dimenticate, ma la
gente deve lottare, con mezzi concreti e azioni che rimangono incise nella mente e
nella storia, per questo motivo lo scopo e la voglia di proteggere e mantenere il
patrimonio archeologico, industriale e culturale della Cima Norma, fa si che viene
promosso uno spazio per esprimere tutte le espressione artistiche.
Ecco perché vorrei coinvolgere le scuole del bellinzonese e non direttamente quelle
della valle, in modo tale da portare i ragazzi in una realtà a loro poco conosciuta e
scoprire un pezzo di storia che ha reso la Fabbrica un punto nevralgico la nostra valle
alpina.
Foreignness (estraneo) è la tematica di sottofondo di tutta la struttura, quindi le attività
ed il filo conduttore dell’intero progetto si baserà, se possibile, su questo pensiero.
Dunque il tutto si snoderà fra l’estraneo, la fabbrica e l’arte, una mescolanza di
apparati che i bambini, con il mio aiuto e quello dei docenti, dovranno elaborare ed
interpretare.
Interessante sarebbe riuscire a coinvolgere le persone indigene che a loro tempo
avevano lavorato all’interno delle mura della Fabbrica di Cioccolato, e farli interagire
con i bambini delle scuole. Tra illustrazioni, scarabocchi, frasi scritte e storie
raccontate e piccole opere d’arte. Il tutto documentato da ogni allievo, all’interno dei
loro carnet, e alla fine il tutto verrà rilegato in un libro. Come testimonianza di un
progetto, dell’interazione di generazioni diverse tra loro, ma che alla fine si sono
ritrovate in un luogo comune.
Durante l’anno scolastico i bambini impareranno un po’ di storia della Valle, in
particolar modo annessa alla vita della Fabbrica, sapranno collocare il luogo in una
specifica zona geografica e metteranno in pratica i loro sensi, le emozioni e la loro
creatività e manualità. Il progetto per loro concerne una multidisciplinarità di
materie, mentre per la ex fabbrica sarà una nuova testimonianza di una generazione
di giovani.
I ragazzi hanno visto come vari artisti interpretano l’arte e creano la loro arte.
Ogni artista ha un messaggio che lascia con la propria esposizione e con i mezzi che
hanno i ragazzi, hanno cercato di capire e e dare una loro interpretazione.
Attraverso questi incontri ho così potuto mettere in atto la mia parte creativa,
incentrata sul disegno. Avendo come filo conduttore l’estraneo, li ho messi a confronto
con loro stessi. Copiando il proprio ritratto attraverso, primo uno specchio, mentre
fanno una facciaccia. Noi siamo anche questo, non solo pose calcolate per gli scatti
fotografici ed i selfie. Il secondo lavoro invece ha coinvolto un po’ di più la conoscenza
di noi stessi. Abbiamo diversi volti, diverse sfaccettature e quindi la cosa interessante è
riuscire a ritrarle.
Io e l’estraneo, l’estraneo e me. Due entità che vanno a braccetto.
Descrizione mostra
Siamo la 4 e la 5 elementare di Gorduno, la nostra mostra parla di NOI E… la nostra spremuta di
creatività. È un’invito alla riflessione su noi stessi e sugli altri.
Il primo input lo abbiamo avuto con Lisa, infatti è stata lei ad averci chiamati per esporci la sua idea
iniziale di progetto che noi abbiamo chiamato: PROGETTO LISA. Progetto che poi è maturato,
evolvendosi e diventando quello che ora avete di fronte agli occhi.
Il filo conduttore che ci ha portato alla realizzazione di questa mostra è stata l’esposizione intitolata
FOREIGNNESS (neologismo che sta per estraneità). Da ciò siamo partiti alla scoperta di noi stessi
e degli altri. Perché è solo capendo gli altri che riusciamo a comprendere noi stessi, o una piccola
parte di noi.
Ognuno di noi ha la propria lanterna con la lettera iniziale del proprio nome. Personalizzate a
nostro piacimento. Da questa, parte un filo di lana che va ad intrecciarsi con gli altri, perché tutti
noi siamo collegati o creiamo collegamenti, infatti anche voi (pubblico) avete il vostro filo con cui
tracciare un collegamento. Il nostro progetto non è solo fine a se stesso, ma è stato pensato da
poter interagire con tutti.
Per rendere possibile la nostra espressività abbiamo utilizzato diversi canali, dalla fotografia, al
mosaico, ai testi (partendo da Merini e poi rendendoli nostri usando parole nostre), il disegno, il
graffito e le arti plastiche.
Ci sono i nostri “legni parlanti”, perché a noi le cose parlano. Basta rimanere in silenzio, osservare,
e anche un mattone può interloquire con voi. Provateci. Rimarrete sorpresi dalla quantità di nozioni
che le cose che ci circondano hanno da dire.
Se guardate attentamente, magari da un punto di vista poco usuale, noterete una cosa. Alzatevi,
ancora un pochino. Usate le scale che abbiamo disposto. Cosa vedete?
Un volto.
Esatto.
Tutto il progetto è incentrato sul volto, su noi, su voi, sul diverso e l’estraneo. Anche perché pur
vivendo 100 anni non sempre ci si conosce fino in fondo.
Perciò è con la nostra semplicità e il duro lavoro di un anno intero che vi lasciamo questa parte di
noi.
Domenica 14 maggio, al Cimitero Monumentale di Milano si è tenuta la prima assoluta del Requiem di Yuval Avital, composizione per coro e orchestra. Particolarmente suggestivo è stato il coro che si è esibito nel Famedio e ha coinvolto artisti provenienti da varie formazioni, tra cui il Conservatorio Giuseppe Verdi, per la prima volta impegnati in una esecuzione di musica contemporanea. Suggestivi anche gli ottoni che hanno dato prova di bravura lungo i viali del cimitero.
La manifestazione è stata voluta dalla Associazione Amici del Monumentale di Milano.
Yuval Avital, compositore e artista video-art israeliano, è attualmente presente in Cima Norma – Torre (Blenio) con tre composizioni originali, sonore e di video art, appositamente concepite per il percorso curatoriale biennale Foreignness diretto da Franco Marinotti e promosso dalla Fondazione La Fabbrica del Cioccolato.
È stata anche l’occasione per un piacevole incontro con l’amica e artista Marlisa Ciccarelli.